Ricominciamo

Dopo quasi tre anni di assenza da questo blog didattico, riprendo in mano le redini digitali. Complice la necessità di postare qui e metterle al servizio di tutti le attività svolte in classe o preparate per farle fare a casa, le idee e gli spunti che provengono dalla mia esperienza come docente, come persona, come donna, come apprendente, come appassionata fruitrice di tecnologie: dalla carta all'ipad, dal lavoro di gruppo al social learning alla flipped classroom. Andando a riguardare questo blog, mi sono accorta che usavo Lim e tecnologie in aula e a casa già dal 2008 e c'è qui un post del 2009 che lo dice. Ho cominciato a fare questo lavoro nel 2006. Devono avermi presa per matta all'epoca o comunque una personcina molto originale. Come docente ho capito alcune cose, per altre ancora mi interrogo e mi confronto. Tra le cose di cui sono sicura (e i neuroni specchio mi confortano scientificamente) è che l'apprendimento è sociale. Lo è sempre stato e sempre lo sarà. Insieme si impara  meglio e di più, cresce la motivazione, non si diventa categorici perché c'è sempre una opinione, una comprensione, una modalità, uno stile diversi dai tuoi e ci si deve sbattere il muso. L'altra è che il docente è un coatch, un mediatore, deve essere preparatissimo nelle sua disciplina ma anche nelle altre (perché ricordiamoci che l'organizzazione disciplinare del sapere è solo una invenzione organizzativa e non un dogma, anzi). L'ultima è che ad ogni apprendimento è collegata una emozione: paura, gioia, sorpresa, stupore, rifiuto...E il docente ha una enorme responsabilità in questo. Cambio idea spesso, ma non perché sia volubile. Solo perché la realtà intorno a me cambia e c'è bisogno di adattarsi e capire quale rotta sia la migliore in quel momento. Se dovessi incontrare una persona che ritengo rigida (magari qualche collega) le direi: "Sei come un palo della luce con la lampadina fulminata". Ecco quella è la rigidità per me. Io mi sento più come un giunco alto e flessibile, dal colore disomogeneo, storto e pieno di abrasioni, che cresce in un giardino urbano, senza troppo vento, in attesa che ci siano altri giunchi o piante diverse con cui chiaccherare e confrontarsi. Magari decidere di spostarsi in un posto più confortevole, dove raccogliere qualche sfida nuova. Le sfide sì, quelle mi piacciono. Non mi piace la competizione, non ho bisogno di gareggiare: la mia sfida è imparare qualcosa di nuovo, cercare di non annoiarmi e soprattutto non annoiare i miei studenti in classe. La scuola (e quindi l'apprendimento) per me dovrebbe essere sempre una avventura, da affrontare insieme ad altri, sia studenti che colleghi, fintantoché non sei autonomo e responsabile e gestirti il tuo apprendimento anche da solo. Non è questo il lifelong learning? Non è questo l'autoapprendimento? Chi dice che la scuola è sacrificio, non dice tutta la verità: deve valerne la pena di studiare, di staccarti dai videogiochi e metterti al tavolo o al computer, a casa, quando tutta la tua stanza ti vorrebbe portare altrove, e deve valerne la pena di rimanere concentrati tanto tempo e affrontare anche gli insuccessi e non crollare. E se pensi che ne valga la pena, allora e solo allora ti impegnerai e venga pure il sacrificio, ma lo affronterai con coraggio e tanta buona volontà. Vorrei studenti che sanno ancora provare stupore e meraviglia e che quando entro in classe mi dicano sempre "Prof che facciamo oggi?" e mi sorridano quando mi vedono. E questa foto rappresenta un'alba. Si ricomincia insomma.

Commenti

  1. Meraviglioso pensiero! Sono felice di averla come insegnante di mio figlio! Lei " insegna la vita " e questo è bellissimo! Grazie Una "sua" mamma

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