Via da Roma

Attorno alle 5,30 del 16 ottobre 1943 cominciò a Roma la grande razzia nel vecchio Ghetto. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle ventisei zone operative, in cui il Comando tedesco aveva diviso la città, alla ricerca di altre vittime. I soldati in tutto erano 365 e alla fine furono catturati 1016 ebrei romani; di questi il 58% erano donne e il 27% aveva meno di quindici anni. Due giorni dopo, in diciotto vagoni piombati furono tutti trasferiti ad Auschwitz. Solo quindici di loro sono tornati dopo la guerra: quattordici uomini e una donna. Tutti gli altri sono morti in gran parte appena arrivati, nelle camere a gas. Nessuno degli oltre duecento bambini è sopravvissuto.
Un testimone della razzia, Nando Tagliacozzo, che ho incontrato a un convegno qualche giorno fa, ha raccontato che i tedeschi non erano poi così organizzati come vollero far credere. Quella mattina infatti arrivarono sul pianerottolo di casa sua e c'erano due appartamenti, uno di fronte all'altro. Da una parte lui e i suoi genitori; dall'altra la sorella, la zia e la nonna. Lui e i suoi genitori non furono portati via (non quella mattina, ma qualche giorno dopo) mentre l'altra appartamento fu perquisito e tutti furono deportati ad Auschwitz. Nessuno li rivide mai più. Oggi esiste una scuola intitolata alla sorellina di quest'uomo: la bambina era Ada Tagliacozzo e la scuola è a Roma, quartiere Laurentino.
Mi rendo conto che sarà necessario ormai trovare un modo un nuovo modo di parlare della Shoah e degli ebrei durante il Nazismo, che non si riduca alla lacrimuccia il 27 gennaio, giorno della memoria. La Shoah non è un mito, ma un terribile evento storico. Sarà urgente pensare qualcosa perché i testimoni sono ormai pochissimi e se non abbiamo capito bene che cosa sia successo in quegli anni, e come spiegarlo correttamente ai nostri studenti, sarà impossibile riuscire a conservarne la memoria per sempre.

dandd

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